L’economia” l’inserto in edicola ogni lunedì con il “Corriere della Sera” dedicato ai mercati, alle imprese e al risparmio affronta, con un ampio report, il tema delle aziende multinazionali che mantengono una proprietà familiare. Nell’associazione che le rappresenta, fondata da Alberto Falk, erede di uno dei gruppi industriali più antichi, partecipa ovviamente anche il comparto farmaceutico e della ricerca.

Nel dossier viene sottolineato che una grande impresa familiare si trova all’inizio di un rinnovato cammino, il che significa tre cose in concreto, l’una conseguente all’altra: la prima è diventare sempre di più un’azienda specializzata in un determinato campo del proprio settore merceologico, la seconda è creare un gruppo globale, quindi espandendosi ancora, trattando con altre imprese per comprarle, mai vendendo la propria; e il terzo è triplicare le proprie dimensioni in un orizzonte temporale di 10 anni.

Il rinnovo dei vertici è necessario, non si può stare per sempre con gli stessi dirigenti. La responsabilità nella scelta del top management è della famiglia proprietaria, che però non può limitarsi a delegare la gestione dell’azienda a un solo uomo al comando. Il rispetto dei ruoli è fondamentale, un esempio viene da Daclé, che ha scelto per la propria corporate governance un sistema dualistico di amministrazione e controllo, con un organo di gestione e un consiglio di sorveglianza, tipico delle imprese europee che gestiscono business di dimensioni medio-grandi e con un elevato capitale sociale, ma con una stabilità dell’assetto proprietario. Questo strategic board affianca i dirigenti e li aiuta a fare le scelte migliori nell’interesse degli azionisti, ma l’importante è avere una forte presenza di manager non familiari nei ruoli centrali. D’altra parte il linguaggio di azionista e manager è diverso, i primi hanno una prospettiva di lungo periodo, i secondi mirano a creare profitto day by day per raggiungere gli obiettivi annuali di crescita. L’importante è che tra azionista e manager ci sia un patto di fondo, dirsi sempre la verità.

Le imprese multinazionali a gestione familiare non pensano alla quotazione a Piazza Affari, perché la Borsa non deve essere di per sé un’ambizione, ma è strumentale ad accompagnare i progetti di crescita come fonte di finanziamento. Se non hai progetti non serve. Basta il capitale e il patrimonio dell’azionista.

[report di Maria Silvia Sacchi per L’Economia]