Paolo Campiglio, presidente di Daclé SA, è intervenuto ieri con la consueta misura e moderazione nel dibattito sulla ricerca farmaceutica per sostenere, con tesi chiare e dati evidenti, riportati anche su “Il Sole 24 Ore”, la posizione che le imprese italiane del farmaco hanno assunto sui progetti e le sperimentazioni di nuovi farmaci. E l’ha fatto portando come esempio l’indiscutibile verità che l’insieme della comunità scientifica riconosce: nell’anno che si è appena concluso l’industria farmaceutica con capitale italiano ha visto crescere il fatturato del 18% arrivando a produrre ricavi per 30 miliardi di euro. In Europa siamo secondi dopo la Germania e probabilmente già quest’anno saremo in grado di superare l’industria tedesca e raggiungere il primo posto tra i paesi dell’Unione europea.

Insomma è un settore “in salute” che ha fatto registrare la più alta crescita della produzione rispetto ad altri comparti, anche se avrebbe bisogno di qualche certezza in più per consolidare i risultati, soprattutto sul mercato interno, visto che oltre il settanta per cento degli utili si fanno con l’export e con le partecipazioni in consorzi d’impresa, come il nostro nel Parco tecnologico di Cracovia ad esempio.

Paolo Campiglio, citando i vertici di Farmindustria, preferisce derubricare con una battuta l’abbandono della ricerca sulle neuroscienze da parte di una nota azienda americana: non significa assolutamente che l’industria farmaceutica mondiale abbia rinunciato allo studio dell’Alzheimer, semmai è una notizia positiva, perché vuol dire che si è resa conto che altre imprese sono più avanti nei progetti. In Italia s’investono ogni anno 2,7 miliardi di euro più un altro mezzo miliardo per studi clinici. Insomma siamo in prima linea. Sono queste le notizie e le cifre che contano.

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